Page 45 - Atti convegno Ramazzini 2024
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creato. Tuttavia, Ramazzini distingue due categorie di viaggiatori: coloro che
si muovono “per osservare le magnificenze” delle opere d’arte, dei templi, dei
teatri, e coloro che viaggiano “per osservare uomini piuttosto che statue e opere
d’arte” [22].
Se entrambi i tipi di viaggiatori sono meritevoli di lode, egli non ha dubbi
nell’affermare la superiorità morale e intellettuale di chi ricerca la conoscenza
viva, incarnata negli uomini sapienti: “io credo che dovrebbero essere maggior-
mente lodati coloro i quali intraprendono un viaggio per incontrare ed ammirare
uomini dotti e sapienti” [22].
Questa netta presa di posizione evidenzia la concezione ramazziniana della
conoscenza come esperienza dinamica, come dialogo vivo e personale con i
maestri, con sapienti. Ramazzini offre quindi un modello di sapere che è pro-
fondamente anti-librario: la vera conoscenza non è quella accumulata passiva-
mente, ma quella conquistata attraverso l’esperienza diretta, il confronto per-
sonale, il viaggio. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un’immagine di
Ramazzini che si discosta, almeno in parte, dal profilo tradizionale dell’erudito
cui solitamente associamo la figura del medico carpigiano: un autore che, pur
possedendo una vastissima cultura accademica, in questa orazione sembra vo-
ler rivendicare la superiorità della pratica vissuta e dell’osservazione concreta
rispetto al nozionismo libresco. D’altra parte, anche nel De Morbis Artificum,
Ramazzini sottolinea più volte l’importanza della medicina popolare ed empirica
nell’individuazione dei rimedi da proporre ai lavoratori malati.
Il discorso prosegue con esempi tratti dalla storia antica, che rafforzano que-
sta visione. L’aneddoto – raccontato da Plinio il Giovane (c. 61–114 d.C.) e
ripreso da San Girolamo (345–420) – dell’uomo di Cadice che viaggiò fino a
Roma solo per vedere Tito Livio (59 a.C. –17 d.C.), “senza alcuna ulteriore curio-
sità” [22], è un’illustrazione perfetta di questo spirito: “fu trascinato dalla fama
di un unico uomo dotto e sapiente” [22]. Ramazzini collega questa tradizione al
comportamento dei filosofi e dei sapienti dell’antichità: “i Sette Saggi, ricordati
ancor oggi e consacrati da una fama eterna, non avevano sedi fisse e non fecero
che vagabondare” [22]. Un vagabondare che richiama anche la già citata espe-
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